Vorrei che questa fosse la mia lettera al me stesso di tanti anni fa, diciamo il me stesso di 16 anni, quinto ginnasio (secondo anno di liceo classico per i non avvezzi), capelli lunghi, drogato di musica, libri e videogiochi, col sogno di diventare una rockstar. Non è cambiato molto, forse i sogni sono diversi, un po’ più terra terra diciamo, e siccome tra sei giorni esatti compirò trent’anni, voglio scrivere due righe non per ricordare (come potrei dimenticare?) ma per condividere.
Ma andiamo con ordine perché questa lettera ha un punto ben preciso e ci voglio arrivare con calma.
Dunque,
vorrei che lei leggesse queste poche righe perché ruota ed è ruotato sempre tutto intorno a lei. La conobbi a 16 anni, il mondo era un po’ più semplice di adesso e conoscere una ragazza del genere mi aveva talmente scombinato che ad oggi la cosa ancora mi fa sorridere. Fu l’amore a prima vista dei libri, dei film e delle canzoni, quello di cui chi scrive in qualsiasi ambito non fa che parlare e, sì, ce l’ho avuto anche io: la prima volta che la vidi, mi innamorai di lei, completamente, perdutamente. Ma quello di cui voglio parlare non è questo perché la storia mia e di lei, America, è il tema del mio primo romanzo, Poison Whiskey, e non ha senso che io faccia un riassunto. Ho continuato a scrivere di lei per tutta la mia vita e, per Dio, non ce la faccio più. Senza volerlo è stata la protagonista di tutti i miei racconti (di stampo realistico) e ho messo un pizzico di lei perfino in quelli fantasy e fantascientifici, ovunque c’era un amore, c’era un po’ di lei.
A solo sei giorni dai miei trent’anni posso dire di aver smesso di scrivere di lei perché nonostante io ed America abbiamo di nuovo condiviso una parte di vita qualche tempo fa per quasi un anno, non mi sono buttato tutto alle spalle ma ho smesso di rimuginarci su, ed è stato davvero difficile.
Vorrei che lei leggesse queste poche righe, in realtà, perché sono alquanto ipocrita dato che sto dicendo di aver smesso di scrivere di lei quando in realtà è proprio quello che sto facendo ma il punto è un altro. Forse è il caso che ci arrivi ora prima che mi dilunghi inutilmente.
Non so quanti leggano questo blog assai poco aggiornato e decisamente trascurato da me medesimo ma, se stai leggendo, non importa che età tu abbia, posso dirti questo: se trovi l’amore, vivilo come se non ci fosse un domani, anche se fa male ma almeno potrai dire di averlo provato.
A quasi 30 anni sto diventando cinico e ogni tanto perdo di vista quello che ho vissuto, l’esperienza che ho accumulato e non dovrebbe essere così, dovrebbe servirmi a capire e sto cercando di farlo adesso. Le ho dedicato fiumi di inchiostro (beh, virtualmente per lo più), un romanzo e innumerevoli racconti eppure sono ancora qui a parlare di lei, nonostante non la veda da ormai quasi tre anni, non è incredibile?
Avrei voluto dimenticarla ma l’amore che mi ha fatto provare è stato talmente grande che non avrei potuto in nessun modo accantonarla nei miei pensieri. Non passa giorno in cui io non pensi a lei e se a volte mi incazzo è perché vorrei fosse ancora con me, mentre altre volte prevale la ragione ed è il punto di tutta questa sequela (forse insensata) di parole:
ti amo,
forse non smetterò mai di amarti ma l’amore prende vita in forme diverse e quello che provavo per te era malsano, nonostante sia stato intenso e bellissimo. I momenti belli che ho passato con te sono i più belli della mia vita e spero di provarli ancora anche se, temo, con meno intensità. Chiedo scusa a tutte le ragazze (tante purtroppo) che ho preso in giro, ho cercato in loro un pezzo della mia America e mi vergogno profondamente di questa cosa. La verità peggiore è che nessuna ragazza, nessuna, mi ha mai guardato come mi ha guardato lei e forse è per questo che ci siamo spinti l’uno nell’abisso dell’altro. Chiedo scusa anche a te, America, per quello che ti ho fatto, avrei dovuto allontanarmi quando ci eravamo fatti abbastanza male (per la cronaca, parlo di male interiore, sia chiaro).
Chiedo scusa ai miei amici se mi sto allontanando e sto diventando un po’ orso. Tendo a ritornare spesso nel mio mondo quando le cose si fanno un po’ difficili e per questo mi reputo profondamente immaturo e assolutamente non pronto per arrivare ai 30. Il mio mondo costruito sui libri, croce e delizia della mia esistenza. Se ho divinizzato tanto l’amore per America è anche per colpa di tutti i romanzi che ho letto, romanzi in cui il protagonista trova l’amore e lo trova per la vita. Quando ho ritrovato lei, America, a 26 anni, non era il coronamento della mia vita, lo era della mia reserché letteraria, del mio romanzo: la mia musa che torna e che fa mi tornare a scrivere di lei. Un paradosso.
La realtà è stata decisamente differente ma, ad oggi, sono contento sia andata così perché posso dire di aver vissuto il mio sogno fino alla fine, fino a piangere tutte le lacrime possibili, posso dire aver dedicato un intero romanzo all’amore della mia vita, che lei stessa lo ha letto e ci ha pianto sopra, lo ha amato e lo ha odiato perché il finale lo avevo previsto già tredici anni fa, quando scrissi l’ultimo capitolo del romanzo: lei spariva in un sogno e non la cercai più. E così ho fatto.
Non cercherò mai più America in nessuna ragazza, è una promessa (che sto già mantenendo da un po’). Non ho smesso di cercare l’amore, ho smesso solo di cercare quello che ho provato per lei e se dico tutto questo proprio ora è semplicemente perché, quando stavamo insieme, come tutte le coppie, avevamo fatto tanti progetti e io sono solo e lei non so nemmeno dove sia.
All’inizio ho scritto che vorrei far leggere queste righe al me stesso di tanti fa, per un motivo: gli vorrei solo far capire di aver fatto bene perché se l’è vissuta fino in fondo e con un certo coraggio, d’altronde in quanti possono dire di aver avuto una musa come lei? In quanti possono dire di aver provato l’amore vero, quello che fa male allo stomaco quando lei, solo per un secondo vacilla e ti allontana, che ti fa impazzire di gioia quando lei ti guarda e ti dice “ti amo”.
Concludo con parole non mie, per una volta, perché mi pare di capire che quando si scrive d’amore, siamo tutti un po’ sulla stessa barca.
Amore non è Amore
se muta quando scopre un mutamento
o tende a svanire quando l’altro s’allontana.
Amore è un faro sempre fisso
che sovrasta la tempesta e non vacilla mai;
è la stella-guida di ogni sperduta barca,
il cui valore è sconosciuto, benché nota la distanza.
Amore non è soggetto al Tempo, pur se rosee labbra e gote
dovran cadere sotto la sua curva lama;
Amore non muta in poche ore o settimane,
ma impavido resiste al giorno estremo del giudizio:
se questo è errore e mi sarà provato,
io non ho mai scritto, e nessuno ha mai amato.
Sempre vostro,
Marco Pirri