Commosso

Ho appena acquistato la versione DSD di Machine Head di loro maestà i Deep Purple
Cazzo ogni volta che lo sento mi rendo conto che è il miglior disco mai registrato.
E poi dai,
Blackmore in super audio cd fa arrapare di più.
Amen
 
 
 
 
 
Considerazione:
ma se non hai almeno quattro copie di Machine Head
(una in lp, una in cd, una dell’anniversario e una in SACD)
che cazzo campi a fare?
 
 
 
 
Giorni intensi di studio & rock’n’roll:
l’altro ieri Kiss of Death dei Motorhead per rallegrare il cervello;
ieri concertone dei Purple (live at Montereux 2006, due ore e mezza!!!) allo stereo di papino… 350 watt basteranno?
oggi Machine Head nuovo di zecca allo stesso stereo.
Le orecchie cominciano a farmi male.
Il 9 gli orali e io devo compiere il miracolo.
 
…maledetta scuola…
 
 

Metallica & Megadeth nell’anno del signore 1986

La storia di Dave Mustaine che viene cacciato dai Metallica la sanno tutti. Io posso dire solo che Ulrich e soci hanno fatto veramente bene. I motivi sono molteplici: Mustaine era un fottutissimo cazzone egocentrico, non poteva far parte di una band, LUI deve essere la band; si scazzava di continuo con Hetfield perchè voleva cantare le canzoni e altre cose simili; Mustaine come chitarrista solista non vale una beneamata cesta di fragole (gira un bootleg dei Metallica dei tempi della Bay Area del 1982, provate ad ascoltare gli assolo di Dave e cercate di non buttare il cd fuori dalla finestra…). Comunque i Metallica hanno intrapreso la loro strada (gloriosa) e David si è rimboccato le maniche e ha messo su la sua creatura, i Megadeth. Peculiarità di questo gruppo è che non hanno mai registrato più di due dischi con la stessa formazione! Questo spiega molte cose sulla personalità schizofrenica del leader che, a parte tutto, è un genio del metal. Dopo il distacco i Metallica hanno inciso Kill’em All (con le canzoni di Mustaine e gli assolo di Hammett… per fortuna…) e il loro primo capolavoro, Ride the Lightning; i Megadeth con la prima formazione (già rimaneggiata per la registrazione dell’album) hanno inciso Killing Is My Business… And Business Is Good! un disco disgustoso dove però oltre alla pessima produzione -metà dei soldi erano andati in droga e alcol- comincia a vedersi la particolare concezione di metal di Mustaine. Riguardo questo vorrei aprire un discorso che poi riguarderà da vicino i due album successivi della band. Da una parte c’erano i Metallica con un certo gusto per la melodia e un thrash metal sempre meno veloce e soprattutto capaci di raggiungere una popolarità che nessun altro gruppo di questo genere riuscirà più ad ottenere; dall’altra i Megadeth che ignoravano completamente cosa fosse l’aspetto melodico (almeno nei primi dischi) e, fino a Countdown to Extinction, autori di brani così tecnici che Hetfield e compagnia non sapevano dove mettersi le mani (sulla chitarra? meglio di si…). Mustaine, diciamolo, è stato roso dall’invidia: come mai il suo gruppo che era sicuramente migliore non riusciva ad ottenere così tanto successo? Allora ha scritto album penosi che non voglio nemmeno scrivere. I Metallica hanno registrato …and Justice for All per cercare di eguagliare il livello tecnico degli avversari ma il risultato è stato un disco monotono e, secondo me, inutilmente pesante e pomposo. Per alcuni, negli anni successivi, i Metallica si sono ampiamente venduti per registrare il famoso Black Album. Beh cazzo si. Ormai l’Heavy Metal stava tramontando e loro si sono rifatti con un disco che, comunque sia, ha qualità veramente evidenti. I Megadeth negli anni 90 alternavano invece schifezze (Youthanasia) con veri e propri disastri (in Risk sembrano i Nirvana appesantiti…). I Metallica diciamo che hanno inciso dischi leggermente (leggi immensamente) inferiori ma comunque notevoli (Load, ReLoad, St.Anger). Fine discorso.
Tutto questo per parlare di due album fondamentali non solo per le band ma anche per la storia del glorioso rock. Per i Metallica è ovviamente Master of Puppets, per i Megadeth invece Peace Sells… but Who’s Buying?. Che dire di questi due album. La produzione è impeccabile per ambo i lavori, le composizioni sono immensamente diverse e particolari. MoP è un disco epocale, il migliore della band e punto irraggiungibile per molti gruppi rock dell’epoca e successivi. Peace Sells è un concentrato di violenza e tecnica che ha pochi rivali. Ecco, la tecnica. Parliamo dei due chitarristi: Kirk Hammett per i Metallica è il classico chitarrista metal, veloce e poco esprissivo. Nell’album tuttavia ci sono assolo di chitarra memorabili come quello di Disposable Heroes e altri parti di ritmica (Damage Inc.) veramente notevoli. Nei Megadeth però c’era Chris Poland, chitarrista jazz prestato al metal (ancora non mi spiego come) dalla tecnica impareggiabile. Le parti di chitarra di Peace Sells sono tutte migliori, enormemente migliori, enormemente perfette. Non sono sfoggi di tecnica fine a se stessa, no! sono proprio capolavori! Oggettivamente: Peace Sells è un album migliore di Master of Puppets sotto tutti i punti di vista, dalla tecnica alla composizione. Però perchè i Megadeth non se li incula nessuno e i Metallica sono considerati (non da me sia chiaro) gli dei in terra? Ancora non lo capisco però i brani di MoP hanno fatto epoca. Nella loro evidente imperfezione (Battery è un delirio di tempi sbagliati e hanno fatto di questo la sua forza) sono brani epocali. Il brano omonimo è diventato un inno e praticamente tutti gli altri hanno raggiunto una fama paurosa tra i metal fan. MoP risulta più godibile, ed è questo il suo aspetto più bello. Ogni singolo brano è una bibbia autonoma per il perfetto metallaro. Peace Sells non riesce in questo intento, i brani, dopo averli ascoltati, nonostante siano immensamente migliori, non rimangono sulla pelle come quelli di MoP. Ma come cazzo è?!? Non riesco a spiegarmelo. Sono anni che ascolto sti dischi e ogni volta mi piacciono sempre di più. Peace Sells è la tecnica e la perfezione; MoP è l’Heavy Metal, punto e basta. Nello sciegliere li sento sempre tutti e due perchè porca troia non si può prescindere! Chris Poland è un dio della chitarra, Hammett è solo uno dei tanti. Ulrich è uno dei batteristi più pipponi del metal (più di lui c’è solo McBrain che però adoro) mentre Gar Samuelson è una macchina da guerra impareggiabile. La voce di Hetfield è granitica e quella di Mustaine fa accapponare la pelle, in senso buono. (i bassisti ci sono? ah si… ma praticamente è come se non ci fossero… Cliff Burton ma chi se lo incula? il brutto dell’ heavy metal degli anni 80 è che i bassisti sono spariti). Nonostante l’evidente supremazia che dedico ai Megadeth, i Metallica sono sempre i Metallica e quindi, per questo, dei grandissimi (almeno fino a quando avevano i capelli lunghi). Poi vabbè, se dovessi scegliere, cazzo, sceglierei i MOTORHEAD perchè sono sempre i migliori e nel 1986 invece di farsi tante seghe hanno registrato Orgasmatron che, comunque, è un capolavoro migliore dei due dei Metallica e dei Megadeth per cui ho sprecato ore della mia vita ad ascoltarli e addirittura mezz’ora per scrivere ste vaccate.
 
I WANT ROCK’N’ROLL TO SATISFY MY SOUL!!!
 

La vita psichedelica di Alan

Questo nuovo racconto non è tanto nuovo. Mi spiego: tra ore di studio e altro mi sono ricapitati per le mani vecchi racconti che ho scritto parecchio tempo fa. Fra questi (veramente tanti tra l’altro) mi sono impressionato per certi in particolare. Impressionato non perchè fossero bellissimi e scritti chissà quanto bene ma solo perchè mi sono reso conto che avevo 14-15 anni e già scrivevo di viaggi impossibili nei meandri più oscuri della mente umana. Questo racconto (la vita psichedelica di alan) l ho scritto a 14 anni. Una certa livia se ne dovrebbe ricordare perchè è stata lei la prima a leggere le mie cose. Comunque, questo è il primo racconto dove compare Alan che, quando poi leggerete, capirete (se ci riuscite…) chi cazzo è. Il racconto l’ho rimaneggiato, cambiato rispetto a quello di 5 anni fa… l ho migliorato dal punto di vista lessicale, ho tolto diverse scempiaggini… tra cui una protagonista femminile in cui non credo più… e cambiato il finale perchè quello vecchio non rendeva… il succo però rimane sempre lo stesso: se dovete drogarvi fatelo con classe (syd barret!!!)
Piccolo appunto: è vero, il mondo a quattordici anni è diverso. Per quanto mi riguarda le storie a quell’età hanno sempre un finale ben definito, quasi sempre buono. Adesso ci sono più sfaccettature, tanti modi per finire la stessa storie e, beh… sono contento!
Detto tutto questo, buona lettura.
 

La vita psichedelica di Alan

 

 

   Questa mattina Alan ha avuto una colazione psichedelica.

Poi è uscito di casa con passo incerto, nella speranza di evitare i pali che un dio ha messo sulla sua strada. Le sue percezioni sensibili sono alterate, la vista annebbiata e confusa. È solo tra tanta gente.

   Io ero al bagno. Osservavo Alan afferrare il sogno tra i denti e svegliarsi ogni giorno con interesse verso una vita che non gli riservava granché. La mattina scendeva da letto con gli occhi ancora chiusi, toglieva i capelli dal volto, indossava un maglione, si dirigeva in cucina, beveva un sorso di latte, ingeriva un paio di pasticche multicolore e poi usciva. Ogni mattina.

   Alan aveva l’età che ogni ragazzo di ventiquattro anni può avere. La vita in generale lo annoiava. I suoi interessi erano così fuori dal comune che non sarei in grado nemmeno di scriverli. Come si può descrivere la follia? Come la paura della realtà? Potrei raccontare i sogni più nascosti di un uomo che guarda il mondo senza occhi? Alan viveva fino a non poterne più. La sua felicità era così vera. Il suo mondo era il suo e basta.

   Questa mattina la nebbia avvolge le case. Spariscono tra ruggiti e lamenti cosmici. Alan cammina stando attento a non farsi rubare le gambe. Le controlla e ogni tanto le tocca per convincersi che non sono un illusione. Quando arriva nel bosco che ognuno desidera si stende tra le foglie arancioni e grigie e attende. Quando chiude gli occhi non vede buio, piuttosto i colori si moltiplicano e ogni cosa prende vita. Aerei dal cielo lo attaccano urlandogli. Gli alberi sembrano non avere senso e cadono in balia di un terreno non stabile, mutabile. Alan capisce. Si rialza da terra cercando di rimanere immobile. Il resto di lui gli saltella intorno credendo di essere vivo. Alan rimane immobile. Mille creature gli vengono contro. Uno gnomo dal cappello rosso sbucato dal nulla comincia a parlargli.

– Il tuo fottuto mondo mi fa schifo- dice.

Da quando gli gnomi dicono “fottuto”?

Alan non risponde.

Lo gnomo prende a camminare con fare sospettoso intorno ad Alan.

– Non rispondi?- chiede ancora il piccolo essere.

Alan non parla.

– Le tue urla non hanno senso-

Alan guarda il cielo e poi l’erba. L’erba era rossa, soffice al tatto e buonissima da mangiare.

Dal sentiero dei conigli giungevano grida.  Adesso Alan corre. Ad ogni passo il mondo intorno a lui cambia forma. Prima colori, poi il buio, il sole, le stelle, il vecchio passo dei solitari che non sanno cosa sia la paura.

   Quando finalmente Alan si ferma il mondo appare come un pozzo di oscurità. Il ragazzo riconosce un coniglio.

– Uccidi il re!- dice la bestiola nel fuggire.

E’ buio. Caldo. Alan riconosce il suono degli alberi colpiti dal vento ma non riesci a vederli. Forse non esistono, gli suggerisco io. In un momento di magra compaiono delle stelle tremanti che assomigliano tanto a noi uomini. Alan si perde. Il suo mondo comincia a girare fino a scomparire. I colori si mischiano e i suoni con loro. Unica soluzione possibile, il bianco. Tutto è bianco. Alan ha paura e allora ritorna nella sua stanza. Una realtà diffidente che muore lentamente. Il soffitto ritorna stabile, le farfalle afferrabili e le voci distinguibili. Il profumo del risveglio fa schifo, secondo Alan. Vorrei dargli torto.

   Quando Alan ritorna a letto per riposare io ho finito al bagno e presto l’orecchio per ascoltarlo ancora. Lui non mi sente. È immobile.

Alan mi tende la mano ogni volta che si alza da letto ed esce, dopo aver preso qualche pasticca colorata e piegato la realtà.

– Vieni con me- mi fa lui.

– Non posso-

– Codardo-

– Lo so-

Lui viaggia e io sto a guardare.

Storia d’Amore

Racconto nuovo. Sta volta sono riuscito a rimanere attaccato alla realtà… quasi. Comunque niente voli su altri pianeti, niente mostri informi e… qualche pippa mentale…
Buona Lettura

Storia d’amore

 

 

   Le storie d’amore hanno sempre il lieto fine. Sempre.

Dopo mille disavventure, se vogliamo vedere la faccenda in chiave cinematografica o romanzesca, la ragazza si innamora sempre del buono e viceversa. Capita spesso che la suddetta ragazza sia immensamente bella ed incarni, casualmente, tutte le caratteristiche care al protagonista del film o romanzo o racconto o qualsiasi altra cosa. Nonostante tale discorso possa apparire colmo di sarcasmo o addirittura come una critica nei confronti di sceneggiatori privi di fantasia e scrittori falliti, sono convinto che anche la mia storia d’amore abbia un lieto fine. Si, ne sono convinto. Convincetevene anche voi.

   Fatto questo preambolo posso cominciare la narrazione più o meno interessante della mia avventura amorosa a lieto fine. Premetto, al fine di evitare imbarazzanti malintesi, che sono un convinto sostenitore dell’amore vero, cioè di quel sentimento che si protrae intenso e appassionato nonostante l’età e l’avanzare degli anni.

   Sono un scrittore. Fallito. A diciannove anni scrissi un libro, Ancora la Notte, che ebbe un enorme successo a livello internazionale. Vendette milioni di copie, tanto che il mio nome era assai rinomato e blasonato qui e oltre oceano. Divenni ricco. Famoso. Un culto. Tale successo derivava dal fatto, furbo da parte mia, di aver scritto un romanzo che ognuno poteva interpretare a modo suo. Era la storia, anche banale devo dire, di un tizio che beveva e sognava, rafforzata però da uno stile etereo e aperto, qualcosa in cui chiunque poteva riconoscersi. In poche parole il mondo si aspettava un seguito a tale opera. Io però mi adagiai. La fama mi diede alla testa e divenni come il protagonista del mio libro: un alcolizzato completamente distaccato dalla realtà circostante. I primi tempi fu divertente, esaltante, conducevo una vita invidiabile accompagnata da fiumi di alcol che attenuavano la mia solitudine. Poi mano a mano la situazione degenerò. Saltuariamente mi ritrovavo in qualche campo, completamente nudo, con una bottiglia di whiskey in mano lontano mille miglia da casa. Decisi di smettere con quella vita e ricominciai a scrivere. Provai con un romanzo dove il protagonista era sobrio per la maggior parte del tempo ma fu un disastro. Mi colpì il blocco dello scrittore e il terrore per la pagina perennemente bianca cominciava ad assalirmi. Decisi di tornare alle mie abitudini: bevevo e scrivevo di uno che beveva. Ci riuscii. A ventiquattro anni pubblicai I Mostri. Era un viaggio interiore. Troppo interiore. Nessuno lo capì. Secondo la critica questa volta l’interpretazione del libro era univoca, era solamente la mia. Era così che doveva essere fin dall’inizio. Caddi di nuovo nell’alcolismo e diventai ancora il protagonista del mio romanzo. Non uscii di casa per mesi e divenni quello che sono ora: un misantropo. La razza umana mi andava stretta. Non mi capiva e io non capivo lei. Cercai di allontanarmi fino a non frequentare più nessuno. Soffocai tutti i miei sentimenti, il mio umorismo e qualsiasi altra cosa. Al contrario di quello che ci si può aspettare, divenni felice. Felice, come non lo ero da anni.

   Continuavo a scrivere, solo per me. Opere inquiete e prive di qualsiasi comprensione da parte di un qualsiasi lettore esterno. Erano solo per me. Scritti per il mio sollazzo. E me ne compiacevo. Incanalavo tutto quel pensare e sfrugugliare in innumerevoli fogli che andavano a riempirsi a ritmi sempre maggiori. Completai un opera. Un opera grandiosa secondo me. Il mondo ovviamente non era pronto ad essa e cominciai ad aspettare. Mi ritirai nell’attesa. Dolce attesa, affinché il mondo potesse cambiare e io tornare allo scoperto. Seguirono giorni vuoti in cui mi capacitavo dello scorrere lento e curioso del tempo. E poi arrivò lei. Regina di tutti noi.

   In questi casi, quando nella narrazione subentra tale figura, l’equilibrio stabilito dall’autore cambia inesorabilmente e, sempre, sempre, il nuovo personaggio riporta quello vecchio, il misantropo in questo caso, nella situazione positiva ed ideale accennata di solito all’inizio, qui la fama dello scrittore e il momento di successo.

   Lei arrivò in un modo banale come banale si presenta sempre la realtà. Mi bussò alla porta.

– Non c’è nessuno!- urlai io.

– Chiedo scusa- disse lei.

Una voce femminile. Erano mesi che non sentivo una voce, figurarsi una femminile. Mi alzai dalla mia poltrona, fonte di pace e quiete ed andai ad aprirle. La vidi per la prima volta di spalle, con una maglietta nera, jeans tagliati sopra i ginocchi e una cascata di capelli rossi. Poi si voltò. Un viso angelico, intrigante, surreale che quando finalmente si accorse di me rimase perplesso come era giusto che fosse. Non mi facevo la barba da diverso tempo, sette o otto mesi e i capelli crescevano già da diversi anni. Vestivo in modo normale però, o almeno in quello che io definivo normale. Le rivolsi la parola cercando di non sembrarle più strano di come già mi presentavo.

– Chiedo scusa. Sai, è un po’ che non vedo qualcuno-

Lei ci mise un po’ a rispondere. Vidi le sue idee riorganizzarsi e poi aprì bocca.

– Sono io a chiederti scusa. È solo che da quando ti sei trasferito qui non ti ho mai visto e, ammetto, mi sono fatta prendere un po’ dalla curiosità. Abito alla porta qui di fronte-

Era vero. Era quasi un anno che vivevo lì per il mio ritiro dal mondo e nemmeno io avevo mai visto quella ragazza.

– Se ti va, puoi entrare, posso offrirti qualcosa da bere?- chiesi.

– Emm…- ci pensò su – credo di si-

Si incamminò verso la mia soglia. Mi tese la mano.

– Mi chiamo Hel-

Ricambiò la stretta.

– Io Tom…-

Mi guardò fissa negli occhi. Cercava qualcosa dentro di me.

– Tu assomigli a… no niente lascia perdere! È una sciocchezza!- fece lei.

– Come vuoi-

Casa mia era ordinata. Non c’era molto: libri, qualche migliaio, e la collezione di dischi di psichedelia che mi aiutavano nei miei flussi creativi. Quando lei entrò girava Boogie with Canned Heat, uno dei migliori. Hel rimase ad osservare estasiata l’immensa libreria che faceva capolino nella sala non troppo illuminata. Poi notò il mio più grande vezzo: una vecchia macchina da scrivere del 1968, una splendida Olivetti Valentine.

– Tu sei uno scrittore?- disse lei con grande imbarazzo.

– Credo di si- risposi con un sorriso impacciato abbassando lo sguardo.

Infine fece caso alle copertine incorniciate dei miei due romanzi pubblicati, unico mio segno di immodestia.

– Tu sei Tom…-

– Credo di si…- la interruppi io.

– Lo scrittore di Ancora la Notte!-

– Si…-

– E I Mostri!- con crescente emozione.

– Credo di si…-

– Io.. io adoro quei libri!-

– Mi fa piacere- dissi con imbarazzo evidente.

– Ecco vedi, chissà in quanti te lo hanno detto ma, io ho preferito il secondo, I Mostri, perché quando lui, il protagonista, finisce il suo viaggio interiore e torna a vivere nel mondo reale, beh, credo che sia geniale!-

La cosa mi aveva incuriosito. Di solito tutti dicevano di preferire il primo libro perché riuscivano a trarne loro la conclusione. Hel era la prima persona che diceva il contrario.

   Inciso: nella finzione questo è il momento in cui la nuova arrivata conquista il cuore del protagonista convincendolo con argomentazioni a lui congeniali che, fino ad allora, non aveva mai ascoltato. Fine inciso.

– Potrei sapere perché lo hai trovato geniale?- volevo vedere dove arrivava.

– Beh, credo, è solo una mia opinione, che tutto il processo di alcolizzazione del protagonista e il successivo ritiro spirituale con viaggio interiore abbia portato ad una purificazione del soggetto ed allora, credo, si può parlare di catarsi… secondo me I Mostri è un romanzo catartico-

Ero impressionato. Aveva colto nel segno: il senso di quel romanzo era quello e basta. Fino ad allora solo pochi letterati lo avevano capito e nessun lettore mi aveva mai fatto un discorso del genere.

   Bevemmo qualcosa di leggero per rompere il ghiaccio. Lei si ubriacò. Io rimasi a guardare la sua incantevole figura senza dire niente. Non sapevo minimamente che fare. Qualsiasi mio gesto avventato avrebbe potuto rovinare quel momento. Misi allo stereo un disco a caso dei Grateful Dead e lei cominciò a danzare a ritmo. Era bellissima, ipnotizzante. Avrei voluto fermare il tempo per continuare a vivere quel momento dannatamente bello per tutta la vita. Mentre lei ballava io presi un momento per me stesso e riflettei sul da farsi. Non ci misi molto ad arrivare all’unica conclusione plausibile: mi ero innamorato. Mi chiedevo se era perché aveva capito il mio libro come nessuno o perché era di una bellezza sconvolgente. Decisi che era un unione delle due cose.

– Vieni a ballare- mi fece lei tendendomi la mano chiara.

Mi alzai e la baciai. Lei chiuse gli occhi e finimmo col rotolarci nel letto, sfatto da tre mesi.

– Vorresti leggere una cosa nuova?- le chiesi.

– Tua?-

– Si-

– Certo-

Presi il nuovo scritto a cui ancora non avevo dato un nome, un pacco di quasi trecento fogli.

– Wow!- fece lei – mi ci vorranno settimane per leggere tutto!- disse lei.

– Io ho tempo-

Lei mi guardò con occhi ancora pesantemente provati dall’alcol, avevano assunto un espressione divertita e provocante.

– Dove la realtà in tutto questo?- chiesi.

– Cosa?-

– Niente, lascia stare-

 

   Passarono due mesi. Vivemmo insieme. Uscivamo solo per andare a comprare cibo. Perdemmo qualsiasi cognizione temporale e altre cose simili. Faceva caldo ma non sapevo in che mese fossimo, la cosa non mi interessava minimamente. Accendevamo candele per tutta casa e aspettavano la caduta del sole, tutti i giorni. Finimmo per perdere anche noi stessi fino ad assumere nuove identità. Tutto il mondo, fuori, era estraneo.

   Inciso: questo è il momento nella storia in cui accade qualcosa che rompe il nuovo equilibrio acquisito dai protagonisti e questi fanno di tutto per riparare a tale situazione. Alla fine, nelle migliori storie, i protagonisti riescono sempre a risolvere i problemi sorti e creano addirittura un universo narrativo nuovo e ancora più felice del precedente. Fine inciso.

   E qualcosa accadde. Pensai che fosse un bene perché ho letto troppi libri e la mia idea di amore più che qualcosa di reale è una concezione scritta da altri. Credevo che quello che mi stava succedendo seguisse delle regole ben precise perché, mi chiedevo, la realtà, quanto può essere diversa dai libri?

– Ho finito di leggere il tuo nuovo scritto- fece lei all’improvviso rompendo uno dei tanti silenzi.

– Ti è piaciuto?-

Non rispose subito. Aspettavo con ansia la risposta. Sapevo che il mio futuro dipendeva da quella risposta.

– E’ splendido- rispose infine.

– Mi fa piacere. Pensi che posso pubblicarlo?-

– Sicuramente- fece lei con aria afflitta.

– Bene! Mi fido della tua parola-

Lei sorrise flebilmente.

– Allora, io vado- fece poi.

– Vai dove?-

– Torno a casa mia-

– Devi solo attraversare il pianerottolo-

– No, abito dall’altra parte della città-

– Cosa?- non capivo.

– Sapevo fin dall’inizio chi fossi. Sapevo dove abitavi e volevo conoscerti. Poi tu mi hai dato la possibilità di leggere il tuo nuovo scritto e… beh, è stupendo!-

– Mi hai ingannato?-

– Se vuoi metterla in questo modo-

– E cosa mi dice che tu non mi stia mentendo anche sullo scritto?-

– Devi fidarti, perché dovrei dirti una bugia sul libro?-

Ci fu un attimo di silenzio. Un attimo immenso.

– Scusami- ricominciò lei – non so cosa mi abbia preso. Di solito non piombo nelle case degli altri a leggere le loro cose. Ho sentito di doverlo fare-

   Mi sorrise, e se ne andò. L’ultima volta che la vidi, fu come la prima: di spalle. Stessa maglietta e stessi pantaloni della prima volta. Gli stessi capelli, rossi, luminosi, che cadevano con disinvoltura sulle spalle piccole. La sentii scendere le scale e niente più.

   Solo molto tempo dopo capii il compito di Hel nel mio universo. Lei voleva farmi uscire di nuovo nel mondo reale, tornare a farmi pubblicare le mie opere, darmi di nuovo le sembianze di uomo normale. Come nel mio romanzo I Mostri. Un intento ammirevole, è vero, ma io ero il mio universo e non volevo abbandonarlo. Il mondo fuori non era pronto alla mia opera e ricominciai ad aspettare. L’attesa, lenta e inesorabile, era l’unico modo per tornare alla realtà. Ne ero sicuro.

A questo punto, verso l’epilogo, ritorna la figura femminile per ridare alla situazione  un tono positivo e rendere felice il protagonista e, di conseguenza, tutti i lettori. In poche parole, il lieto fine che ci si aspetta. Nella mia storia lei non torna perché la realtà oltre ad essere banale è anche vendicativa: io ero fuggito da lei e mi aveva punito.

Tuttavia, nelle righe iniziali, avevo promesso al lettore un lieto fine.

   Pensai a lei tutti i giorni della mia vita. Mi ero innamorato. Non mi era mai successo. Gli scrittori scrivono grandi cose sull’amore. Presi un appunto su di un foglio bianco e lo attaccai bene in vista in mezzo agli altri. C’era scritto: scrivi una storia d’amore, magari è la volta buona.

E la scrissi.

 

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Quando una ragazza
mi si concederà
mentre lo stereo suona 
a volumi imbarazzanti
The Jack degli Ac/Dc o
Orgasmatron dei Motorhead
io
le chiederò di sposarmi

Diaologo surreale con tragedia

E lo stronzo caduto nella fredda acqua del water mi guardò e disse:
– Ciao papà!-
Come potevo non avere un attimo di compassione?
Cercammo di immaginarci in un altra situazione, su di un grande prato senza acqua e senza catena.
Ci guardammo come padre e figlio. Lui cercava la mia approvazione e io un modo per non offenderlo.
– Sei un bravo figliolo- gli dissi e poi tirai la catena senza guardare.
Lui non faceva caso a come ero veramente. Ignorava i miei difetti.
Gli ho voluto bene.
Sul serio.

Ci siamo

Ebbene signori e signore, parenti ed amici, cani e gatti, ci siamo: mancano dodici ore (circa) all’inizio dell’esame di stato. Io, beh, non so veramente che pensare! Sono impaurito, eccitato, ansioso e non so più quante altre cose! La verità è che ancora non mi rendo del tutto conto di quello che sta succedendo. Domani, cazzo, comincerò a vedere se valgo effettivamente qualcosa. Nel frattempo, il giorno prima degli esami, è quasi andato. Non è stato magico come si diceva in quel cazzo di film che tutti conoscono, però di certo è stato intenso. La mattina è stato il momento peggiore: mi sono tagliato i capelli… beh tagliato… diciamo accorciato! Però chi mi conosce sa che è un evento quando mi taglio i capelli… ringrazio comunque Mirna per l’appoggio morale, forse senza di lei sarei scappato di fronte le forbici affilate del parrucchiere (da notare lo sguardo assatanato di qust’ultimo quando mi fa "li tagliamo tutti?" e il mio fortissimo "NOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!! MA CHE?!?! Solo un accorciatina…)
Dopo pranzo c’è andato tutto un film, La Cosa, di sua maestà John Carpenter. Stare un ora e mezza col culo stretto prepara a domani. Dopo innumerevoli ed ovvie telefonate in cui ci si imbarbica in assurde ipotesi riguardo il tema (il bullismo!!! ma dai… io spero in un tema sulla letteratura fantascientifica, potrei rischiare il nobel in tal caso…) esco per studiare sempre co Mirna. Avremmo dovuto fare filosofia, Kant, la critica della ragion pura e cose varie. Dico avremmo perchè quando arriviamo a monte ripoli, apriamo il BIGNAMI (!!!) dopo parecchie sigarette (ebbene anche io, quelle fatte a mano però…), ci guardiamo in faccia e con sguardo di assoluta approvazione, scoppiano in una FRAGOLOSA risata e conveniamo che non saremmo riusciti a studiare il giorno prima degli esami… Come promesso si mette lei alla guida (lei ancora non ha la patente e le do qualche aiutino) e mentre mi aggrappavo ad ogni sporgenza possibile della MIA macchina (ti amo y dieci!) per soffocare l’evidente stato di terrore, arriviamo incolumi (non l’avrei mai detto…) sulla strada per tivoli e, senza pensieri, andiamo al ponte della pace per tentare a ricominciare lo studio.
Come non detto: mentre andiamo incontriamo Nicol e vabbè, come potevamo non andare a prenderci una birra? E infatti.
Alle sei riaccompagno ambo le ragazze a casa e tocca ad Adriano. Mi correggo, il momento peggiore della giornata non è stato il taglio di capelli, è stato dare ad Adriano il biglietto del concerto dei Maiden per domani… concerto al quale, se non era per gli esami, sarei dovuto andare io straCAZZO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! Segue lattina di coca e disco dei motorhead per rilassarci un pò e poi tutti a casa.
Sono a casa, scrivo queste due righe perchè penso che in futuro, quando sarà tutto finito, mi farà piacere rileggere queste cose. Si credo proprio di si. Tra poco andrò fuori in terrazzo, disco dei Grateful Dead nelle orecchie e vai a "riveder le stelle"! A quel punto, come andranno andranno gli esami, saprò che darò il meglio di me perchè, cristo, ancora non me ne capacito, ma ho quasi finito il liceo… credo, e vuoi o non vuoi lascerò un pezzetto di me da qualche altra parte. Già… speriamo bene.
Vorrei fare qualche ringraziamente però:
uno grande alla mia classe, il III E, perchè quest’anno sono stato veramente tanto bene;
uno grandissimo al mio cane, Elvis Aron Presley, che ha vissuto praticamente in simbiosi con me questa settimana di intensi studi;
uno per le persone a me vicine da sempre (giacomo, nicol, adriano, nosco e pure vanni dai…)
uno a mirna e gabriella, compagne di studio che mi sopportano mentre loro cercano di capirci qualcosa e io sparo cazzate a tutto spiano;
uno alla mia macchina, la già citata y dieci (che una volta era di mia madre…) perchè senza di lei sti giorni, che avrei fatto?;
uno a non so cos’altro perchè adesso, proprio adesso, comincia a venirmi troppa ansia per continuare a scrivere.
Vi voglio bene a tutti.
Che il vostro dio mi benedica,
datemi l’imbocca al lupo!
 
UP THE IRONS!!!
 
ps: ano, mi devi 50 euro e un concerto dei maiden

Attimo di svago prima dell’inevitabile

Test fregato ad Enrica che l’ha fregato a non so chi che lo ha fregato a non so chi alro… poi mi rimetto a studiare… credo…
 

PASSATO

 

-la prima maestra dell’asilo: una certa Elena. Adesso è una serial killer


-l’ultima parola che hai detto: e che cazzo!!! (dopo aver visto il numero di insufficienze ai quadri…)
-l’ultima canzone che hai cantato: Flick of the switch degli AC/DC… ROCK’n’ROLL!!!


-l’ultima cosa per cui hai riso: vedi parentesi seconda domanda  

 

Presente


-cosa c’è nel tuo lettore mp3: SOLO rock’n’roll (e una canzone di enya…)

-di che colore sono i calzini o le scarpe che indossi: i calzini grigi… le ciabatta blu co bart simpson!

-cosa c’è sotto il tuo letto: due chitarre elettriche (una è la mia celeberrima stratocaster…)


FUTURO

 

quale sarà il tuo lavoro: musicista e scrittore alcolizzato


-dove vivrai: a casa mia


-quanti figli desideri: prima mi sposo…
-che macchina guiderai: dipende, spero una chevrolet  

 

CORRENTEMENTE

 

-capelli: immensamente lunghi


-vestito: pantaloncini e inseparabile magliettone di elvis


-gioielli: in gioielleria


-noia: studiare per gli esami…
-odore: diciamo che non puzzo
-desiderio: passare gli esami


-desktop: Riccardino (blackmore) e glover
-libro: Paura e delirio a las vegas


-preoccupazione: gli esami di stato bastano?
-vestito preferito: nudo


-parte fisica in un partner: culo, occhi e labbra
-persona che vorresti lì con te: il prof di filosofia perché non ci capisco un cazzo


-frase che hai scritto a qualcuno: sei la risposta ad una domanda che nessuno ha mai posto. A mirna, inseparabile compagna di stronzate a scuola…
-sono felice quando: ho finito gli esami

-mi sento solo quando: adoro stare solo


-se potessi vivere in qualche luogo: già ci vivo in qualche luogo stù!
-hai dei rimpianti: si: non aver preso l’agrario
-sesso o amore: chiedi a federica
-odore preferito: il mio cane bagnato… o forse sono io?


-cosa ti rende incazzato: il fatto che non posso andare a vedere i maiden per la seconda fottutissima prova d’esame


-modo preferito per perdere tempo: fare test idioti con risposte ancora più idiote


-la tua migliore qualità: la svizzera

-sei innamorato: assolutamente no… però ammetto che vorrei


-la cosa più stupida che hai fatto in questi giorni: studiare

-brutte abitudini: vedi sopra
-stagione preferita: inverno

-colore preferito: porpora (ogni riferimento a gruppi rock è puramente casuale)

-momento della giornata: tutta la giornata

 

FASHION

 

quanti cappotti hai: 2, quello di cammello (non scherzo) e quello di pelle del 1977 (era di papino)
-indossi un orologio: solo quando esco, il mitico casio 

-colore di pantaloni: di solito neri ma il marrone autunno mi piace sempre
-più vissuto: il cappotto di pelle (si è fatto quasi tutti i concerti che ho visto più quelli di papà!)

 

ULTIMO

 

libro letto: uno nessuno e centomila di pirandello
-film visto al cinema : l’uomo dell’anno di
Barry Levinson


-film visto: the prestige di  Christopher Nolan
-telefilm visto: le repliche di x files
-canzone sentita: el paso dei grateful dead
-cosa bevuta: coca cola
-cosa mangiata: cereali a colazione

-doccia: due anni fa, ancora me la ricordo


-volta che hai sorriso: sorrido di continuo

-risata: un ora fa co mirna dopo aver visto i quadri


-persona che hai abbracciato: mamma
-persona con cui hai parlato online: adriano parecchio tempo fa
-persona con cui hai parlato al tel: soroma

 

questo per far vedere che, nonostante gli esami, sono lo stesso burlone di sempre

Trouble, storia e critica del più grande gruppo metal di sempre

Per farla breve: i Trouble sono il più grande gruppo Heavy Metal della storia e lo sanno in pochi. Per dire, hanno registrato nel 1984 e nel 1985 due album talmente belli che probabilmente, ora come ora, se fossero andate diversamente le cose, i Trouble avrebbero più successo dei Metallica. Ebbene si, i Trouble non hanno niente a che invidiare ai grandi gruppi hard che tutti conoscono. Si sono formati negli Stati Uniti, nel Midwest, nel lontano 1979, ci hanno messo cinque anni a trovare un contratto discografico e alla fine hanno pubblicato Psalm 9 (Metal Blade, 1984), il più grande disco heavy metal di sempre. Forse esagero, lo ammetto, ormai adoro talmente tanto questa band che mi riesce difficile fare un resoconto oggettivo. Un grande critico musicale che ne capisce parecchio più di me, Riccardo Bertoncelli, disse, dopo l’uscita di questo disco, che i Trouble suonavano come i Black Sabbath, con le doppie chitarre dei Judas Priest e i classicismi dei Deep Purple. Praticamente la perfezione! E poi vabbè, il primo disco venne prodotto da Bil Metoyer (geniale tecnico del suono) e sua maestà Brian Slagel, fondatore della Metal Blade. Il risultato sfiora la perfezione. Vinse il premio per migliore produzione e miglior disco metal dell’anno!!! Il suono infatti fa impressione: pesantissimo e senza sbavature, al contrario dei dischi metal del periodo che in quanto a suono facevano veramente schifo (si guardi Kill’em All dei Metallica e il primo dei Megadeth). C’è pure da dire che i musicisti non avevano niente a che vedere con quelli del periodo. La loro bravura era evidente, Bruce Franklin e Rick Wartell, i due chitarristi, si rifacevano ai grandi miti degli anni 70 e si sente; Jeff Olson, ipertecnico batterista, era una macchina da guerra a suo agio tanto sui pezzi lenti che su quelli veloci. Lo stesso vale per il successivo batterista Dennis Lesh. Poi vabbè, Eric Wagner, è riuscito a fondere le caratteristiche tonali di gente come Ian Gillan, Ozzy Osbourne, Rob Halford e R.J. Dio!!!
Il bello è che con Psalm 9 e The Skull (Metal Blade, 1985), i Trouble erano riusciti, nell’ordine, a:
  • continuare la tradizione rock degli anni 70, con improvvisazioni, schemi classici dell’hard rock, capelli lunghi (molto lunghi) e look vintage
  • perfezionare il Doom Metal dei Sabbath, con alternanza di ritmiche lente e veloci (ma tanto veloci!) e testi religiosi
  • registrare i due dischi metal più belli degli anni 80
  • inaugurare il suono pulito e pesantissimo che ricercheranno tantissime band successive con scarsi risultati
  • diventare un gruppo cult

Se tutto ciò vi sembra esagerato ascoltate i primi due dischi e poi ne riparliamo.

Per il terzo disco, Run To The Light (Metal Blade, 1987) la storia cambia. Il gruppo cerca un suono più grezzo e abbandona in parte le sonorità doom per adottare un classico sound Heavy Metal. Il risultato non è esaltante nonostante la presenza del brano The Misery Show, forse uno dei migliori pezzi dei Trouble. Il resto del disco è un onesto miscuglio di hard rock con vene di psichedelia anni 60 e tanto, tanto, ma  veramente tanto virtuosismo chitarristico. 

Seguono tre anni di concerti ininterroti tra abusi e eccessi di ogni tipo. Il risultato di tale preparazione è impressionante: nel 1990, prodotto dal re mida del metal Rick Rubin per la Def American, esce un disco con lo stesso nome della band. Trouble è il ritorno alle care sonorità doom però appesantite da muri di distorsioni, dall’esperienza e soprattutto da tanto alcol. Non mi viene da scrivere altro su questo disco perchè va ascoltato tutto di un fiato in religioso silenzio. Posso solo aggiungere che mentre tante band meditavano cambi di rotta (Metallica ehm ehm….) loro hanno registrato uno stupendo disco Heavy Metal che penso faccia invidia ai grandi dell’epoca.

A seguire, sempre con Rick Rubin sulla Def American nel 1992, Manic Frustration. Gli ingredienti non cambiano anche si il risultato è meno emozionante del precedente disco. Nel 1995 cambiano casa discografica (la Century Media, quella dei Blind Guardian) e si autoproducono Plastic Green Head, ancora onesto Heavy Metal classico senza però, ammetto, tanto mordente. Il tour dura fino al 1997 quando la band decide di prendersi la prima pausa di riflessione della loro carriera.

Nel 2002, per la gioia dei fan, rimetteno insieme niente meno che la formazione storica del secondo disco, quella con Jeff Olson alla batteria e Sean McAllister al basso (chitarristi e cantante sono sempre gli stessi), e ripartono con un tour mondiale. Finalmente a marzo del 2007 esce il loro nuovo disco, Simple Mind Condition (Escapi Music), un concentrato di violenza metal con rimandi al caro vecchio doom e all’hard rock dei settanta che non hanno mai abbandonato. La produzione è di nuovo impeccabile, quasi quanto quella del 1984 per Psalm 9 e la presenza della prima traccia, Goin’Home, un epica cavalcata dalla ritmica assassina, mette in risalto le chitarre in un incipit talmente bello che il resto del disco va da se.

Beh, mi sono lasciato trasportare un pò dalle emozioni, ma mi auguro di aver reso un pò l’idea della grandezza impressionante di questa band, alla quale, aimè, non si è mai data la giusta importanza.

Buon rock’n’roll a tutti